di Maurizio Corte
“Un uomo di 81 anni ha ucciso la moglie, di 80 anni e il cane. E’ successo a Rocca Nervina, nell’entroterra di Ventimiglia (Imperia)”.
In queste prime due righe l’agenzia Ansa dà la notizia di un femminicidio accaduto in Liguria lunedì 19 aprile 2021.
Ecco come prosegue la ricostruzione fatta dall’agenzia di stampa: “Secondo quanto appreso, l’uomo avrebbe sgozzato la donna e l’animale poco prima dell’alba. I due avrebbero avuto un litigio ieri sera, ma la vicenda è ancora in corso di ricostruzione da parte dei carabinieri, che sono intervenuti sul posto. Sembra che l’uomo, dopo aver ucciso la consorte, si sia rimesso a dormire”.
In modo corretto, l’agenzia Ansa spiega che il racconto fatto è stato costruito “secondo quanto appreso”. Poi l’uso del condizionale “avrebbe sgozzato la donna e l’animale poco prima dell’alba” e “i due avrebbero avuto un litigio ieri sera”.
L’agenzia non approfondisce il perché dell’omicidio? Vi erano stati episodi precedenti di violenza da parte dell’uomo sulla moglie? L’omicida aveva un qualche problema psichiatrico? Non ci viene detto nulla. Non vengono citate neppure le fonti delle notizie: sono i carabinieri, il sostituto procuratore incaricato delle indagini, i vicini?
L’aspetto positivo di questa ricostruzione è che non dà per certo quelle che sono solo ipotesi: “avrebbe sgozzato”, “i due avrebbero avuto un litigio”. Il limite della ricostruzione è nella mancanza di una risposta alla domanda che tutti si fanno: perché un uomo di 81 anni uccide la moglie e il cane a coltellate di prima mattina?
Il Tg1 Rai delle 13.30 di lunedì 19 aprile, nel servizio di una giornalista inviata sul luogo del delitto, nell’Imperiese, parla di “raptus al culmine di una lite” come causa scatenante che ha portato all’omicidio. Riguarda il video al link al minuto 21’44”.
Senza avere alcuna competenza di tipo psicologico e senza avere alcuna certezza sulle cause, come dimostra l’agenzia Ansa, la giornalista dà una spiegazione che può avere due sole origini: una visione stereotipata del femminicidio (avviene sempre “al culmine di una lite” o per un “raptus”); oppure una versione di comodo data dai carabinieri, in assenza di valide risposte sul movente dell’omicidio.
Fin qui, il servizio televisivo della giornalista Rai si muove sui binari ristretti e fuorvianti del raptus e della lite.
Quello che interessa è come tutto l’impianto del servizio televisivo non abbia nulla del giornalismo di qualità.
La giornalista mostra la testimonianza in video di un’anziana signora che dice di non aver visto e sentito nulla, dato che le finestre sono chiuse. Che testimone è una persona che non ha visto e sentito nulla? E’ un “non-testimone”.
Viene poi mostrata la testimonianza, sempre in video, di un conoscente che si dice sorpreso dall’accaduto: la coppia era andata la domenica in chiesa, al mattino, come tutte le domeniche. Non si sa proprio spiegare cosa sia successo. Anche qui, siamo di fronte a un “non-testimone”.
A cosa serve ascoltare persone che non sanno nulla? Perché non intervistare un criminologo o un’esperta di femminicidi per capire – sulla base di studi, statistiche, precedenti – cosa accade in questi casi? Come mai una persona all’alba uccide la moglie e ammazza pure il cane?
Il caso di Rocco Nervino, con un femminicidio raccontato dal Tg1 Rai con espressioni fruste e stereotipate da essere svuotate di ogni significato e con due testimonianze che non dicono nulla, è una forma di “non-giornalismo”.
Per molto meno, i vecchi capicronaca di una volta avrebbero buttato dalla finestra un testo giornalistico di quel genere. E avrebbero detto: “Adesso torni dove l’omicidio è avvenuto. E fai il giornalista, ascoltando, chiedendo e portando a casa una ragione credibile di un fatto tanto grave”.