di Gaia Corradino
Together for a better internet è lo slogan per il Safer Internet Day, che chiama a raccolta tutti gli interessati il 9 febbraio, giornata mondiale per la sicurezza in Rete.
Istituita nel 2004 e promossa dalla Commissione Europea, l’obiettivo principale è quello di sensibilizzare sull’uso consapevole degli strumenti tecnologici e rendere internet un luogo sicuro e migliore per tutti, soprattutto per i giovani.
La nuova generazione del web
Il mondo del Web è un pozzo di conoscenza e un contenitore di utili dati illimitati, ma allo stesso tempo si sono fatti strada anche diversi fenomeni come le fake news, la pirateria e altri meccanismi tutt’altro che positivi con pericolosi risvolti sociali.
I social media erano nati per cambiare il mondo in meglio, a detta di chi ha lavorato in Silicon Valley, per ridurre le distanze e mantenere i contatti con i propri cari e amici anche trovandosi in Paesi diversi. Nel tempo, però, le tecnologie si sono potenziate a tal punto da generare sempre più caos, solitudine e insicurezze, sottomettendo i veri valori e la verità. Di questo ne parla il documentario The Social Dilemma, in cui vengono esposti molto bene gli intricati quanto spaventosi meccanismi che si nascondono dietro all’uso dei social.
La generazione Z è la prima a essere nata nella culla della tecnologia, non conosce il mondo senza di essa. I nativi digitali, abili utilizzatori delle piattaforme web, sono i protagonisti di una generazione insicura e depressa, condannata a crescere da sola, abbandonata alla vita tecnologica da reclusi e senza alcun contatto umano né tutele. E i genitori, spesso, non sanno come passino le giornate i loro figli o semplicemente cosa passi loro per la testa. La comunicazione umana è stata come annientata dall’uso dello smartphone.
È qui che i nativi digitali che credono di trovare rifugio e sicurezza, un luogo di sfogo e di nuove scoperte che, paradossalmente, spesso portano a conseguenze estreme e atti di emulazione irrimediabili. Secondo una recente indagine di Osservatorio Indifesa della Fondazione Terres des hommes sui dati del 2020, il 93% degli adolescenti italiani tra i 13 e i 23 anni ha affermato di sentirsi solo (rispetto all’81% del 2019).
La solitudine, infatti, è una delle cause scatenanti che trascina i giovani verso i pericoli della Rete e le minacce sociali (dal bullismo al cyber bullismo, alle violenze e molestie). Con le misure di distanziamento e di isolamento durante la pandemia, la vita sociale è peggiorata e il senso di solitudine e tristezza si è fatto più drammatico.
Le sfide estreme
Tra i meccanismi dapprima citati sono note le cosiddette challenge, che spopolano nei social network più in voga.
Ce ne sono di diverse e virali, forse non sempre tutte conosciute, ma si ricorda certamente il fenomeno della “Blue Whale” qualche anno fa. Era un macabro gioco che consisteva in 50 giorni di prove sempre più pericolose, da dimostrare al “curatore” (colui che gestiva l’intero gioco), fino all’epilogo: il suicidio.
Il fenomeno ha fatto molto discutere in Italia, in particolate attraverso le trasmissioni televisive. Si credeva in un’epidemia di suicidi, scatenando il panico totale. Insomma, c’erano tutte le premesse per un’emergenza nazionale. Tali programmi televisivi che mandavano in onda servizi dedicati all’argomento sono stati man mano smontati, rivelando una montatura con video non verificati e l’aggiunta di casi di suicidio non inerenti alla challenge in questione. In fondo anche la televisione è uno tra i mass media dove con facilità circolano le fake news.
È invece ancora fresca la notizia di Antonella, la bambina di soli 10 anni che per una sfida estrema – questa volta made in TikTok, il social più amato dai giovanissimi – è morta per soffocamento, appunto la cosiddetta “Blackout challenge“. È successo a Palermo a fine gennaio, ma l’allarme ha raggiunto in fretta tutta la nazione.
Soprattutto è ricominciata la polemica sull’accesso alle piattaforme, a cui si è aggiunta la corsa al riparo al garante della privacy. Quest’ultimo, dopo il fatto, ha rilevato diverse violazioni circa i minori e disposto il blocco di tutti gli account “per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica”.
Quella di Antonella non era la prima sfida di blackout. Anche nel 2018, a Milano, il 14enne Igor Maj è stato trovato morto soffocato da una corda; un caso di emulazione in seguito alla visione di un video su Youtube sulle sfide più pericolose.
In questo caso, però, secondo la giustizia è stato impossibile da contestare l’istigazione al suicidio al proprietario del canale su Youtube che aveva caricato il video incriminante, poiché sarebbe mancato l’elemento fondante che avrebbe potuto incitare all’azione – il responsabile del video ne aveva perfino sconsigliato l’imitazione. Nonostante l’oscuramento della clip, e successivamente di altri video simili sulla piattaforma, di recente è stato chiesto l’archiviazione del caso.
Cosa manca nella sicurezza in Rete
È chiaro che per evitare situazioni simili in futuro, si rende necessario definire con trasparenza le policy e predisporre le giuste moderazioni dei contenuti, a tutela dei minori. Già diversi social e app richiedono che l’utente abbia almeno 13 anni (come nel caso dei prodotti di Zuckerberg e di TikTok); un limite di età troppo basso per accedere alle varie piattaforme. Alcuni regolamenti sono in procinto di cambiare alcuni punti della policy (compreso l’innalzamento dai 13 ai 16 anni o la limitazione di alcune funzioni per i minori), ma resta sempre aperta la possibilità di riuscire a raggirare la verifica dell’età.
Nell’ultimo anno quasi tutta la popolazione italiana possiede almeno un dispositivo elettronico ed è utente regolare del web e dei social (si veda il grafico sottostante). Inoltre, si rileva un aumento del tempo giornaliero speso per la navigazione sul web (6 ore, pari a 84 giorni in un anno) e sui social media (1 ora 57, pari a circa 28 giorni in un anno); secondo le statistiche, il tempo trascorso è in continuo aumento ogni anno.
Sempre dall’indagine condotta dall’Osservatorio Indifesa emerge che 6 ragazzi su 10 non si sentono al sicuro su internet; il 61% soprattutto sui social media e nelle app di incontri.
Cosa si può fare, dunque, per aumentare la privacy sul web?
Fondamentali innanzitutto sono il dialogo costante in un ambiente famigliare sano e l’educazione all’uso della Rete, per una maggiore consapevolezza dei rischi e dei pericoli che si insinuano nel web. Molto spesso i genitori non sanno dell’esistenza delle varie challenge e ritengono i propri figli “sereni” e “incapaci di fare certe stupidate”.
È importante insegnare a non rivelare in Rete la propria identità né dati personali o foto intime. Il controllo diretto della navigazione e dei siti visitati può aiutare a capire e consigliare quali siano da evitare. Anche il controllo indiretto (ad esempio osservando quanto tempo il figlio trascorre sul telefono) aiuta il genitore a prestare più attenzione su eventuali campanelli di allarme.
Altri consigli suggeriti sono anche i più semplici:
- scegliere password efficaci e non banali per evitare il rischio di vedersi i propri account hackerati o rubati;
- quando possibile, utilizzare i parametri biometrici per l’accesso al proprio smartphone;
- l’autenticazione a 2 fattori è una protezione ulteriore, poiché richiede una conferma in più tramite un sms;
- fare il backup dei propri dati, sia per evitare il rischio di attacchi di ransomware (ovvero pagamenti di riscatto) sia per un eventuale recupero;
- aggiornare le impostazioni sulla privacy dei dati sensibili e controllare le autorizzazione richieste da app e siti;
- utilizzare lo strumento del parental control (ossia un filtro) per limitare l’accesso a siti e app a rischio di hacker e truffe, come il phishing;
- scaricare software e app soltanto dai siti e dagli store ufficiali.
Il mese della sicurezza in rete 2021
Per l’edizione di quest’anno verranno organizzate, online, diverse iniziative da parte delle scuole di tutta Italia per il mese per la promozione della sicurezza in Rete, che durerà dal 9 febbraio al 20 marzo. Le attività fanno parte di una campagna promossa dal Ministero dell’Istruzione e da Generazioni Connesse, il cui obiettivo è la “divulgazione dei principi dell’uso positivo della rete e degli strumenti tecnologici”.
(Immagini di Petter Lagson, Unsplash, e portale di Generazioni Connesse)