di Marta Gabucci
Nella mattinata del 16 dicembre 2020, si è tenuta la presentazione dell’ottavo rapporto della Carta di Roma con il titolo “Notizie di transito”. Si tratta di un rapporto curato dall’Osservatorio di Pavia e presentato da Valerio Cataldi, Presidente dell’Associazione Carta di Roma. Con la presenza di Paola Barretta, coordinatrice dell’Associazione, e del direttore di Unar, Triantafillos Loukarelis, sono stati interpellati vari giornalisti ed esperti.
Il rapporto è stato presentato da Giuseppe Milazzo, ricercatore dell’Osservatorio di Pavia. Si tratta di una ricerca divisa in tre diversi settori. Una parte è dedicata alla stampa, suddivisa in una componente riferita alle prime pagine di un campione di quotidiani nazionali e la seconda metà riporta un’analisi lessicale dei titoli di molte più testate. La seconda parte si è interessata ai telegiornali di prime time, sulle reti Rai, Mediaset e La7. Infine, la terza parte si è focalizzata sui social network, con un focus sulle piattaforme Facebook e Twitter, ricercando un rapporto fra migrazione e pandemia sulle pagine di testate giornalistiche e nei profili personali di alcuni giornalisti con ampio seguito.
Secondo i risultati della ricerca basati sui risultati dei quotidiani, l’agenda delle notizie è stata stravolta, a causa della pandemia. È stata registrata una riduzione delle notizie sull’immigrazione rispetto agli anni precedenti. Si tratta di un 34% in meno rispetto a quanto osservato durante il 2019. Per le notizie registrate prevale il tema dei flussi migratori, rispetto all’accoglienza, alla criminalità o terrorismo. Il covid-19 registra un 8%. La presenza dei titoli varia durante i mesi, registrando un calo significativo durante il mese di aprile, primo di quarantena, ma raddoppia durante il mese di luglio e agosto.
Il Professor Ilvo Diamanti spiega che durante l’anno, l’interesse verso i migranti cala in certi periodi perché sale quello per un altro straniero senza volto, il virus. «Il virus emerge e i titoli abbandonano gli immigrati. Riprendono d’estate perché ci illudiamo di fatto che il virus se ne sia andato. Quando il virus riprende, le notizie di nuovo crollano sugli immigrati. Noi abbiamo bisogno della paura» dichiara.
Un’attenta analisi ha evidenziato il fatto che il lessico permea su toni bellici, dove le parole “emergenza” e “allarme” ricorrono frequentemente. Si tratta di una scelta linguistica che però alimenta la percezione cognitiva della “invasione” e amplifica visioni divisive, spiega Milazzo.
La situazione sanitaria comporta una nuova tipologia di titolo. Infatti, emerge una stigmatizzazione dei migranti come veicolo del contagio.
Per quanto riguarda i telegiornali, è stato registrato un dimezzamento delle notizie sugli immigrati. Questo non comporta un calo della percezione dell’immigrato come minaccia alla sicurezza, che rimane costante sul 33/34%. Il dato più significativo è che i richiedenti asilo hanno avuto voce, nelle notizie, solo per il 7% durante questo anno. Sono spesso centrali nelle notizie ma non sono protagonisti.
I social network hanno evidenziato un interesse maggiore nei confronti della cronaca rispetto all’approfondimento. Milazzo spiega che questo meccanismo contribuisce a creare una informazione più emergenziale e meno riflessiva. Il linguaggio allarmistico utilizzato contribuisce a creare un clima di minaccia e paura. La rivelazione è stata la contro narrazione dei giornalisti sui profili personali, che smentiscono la visione del migrante pericoloso e risulta più efficace della voce di esperti. Il lato negativo è che i toni accesi di questi stimolano più a fare il tifo pro o contro che ad informarsi e comprendere, spiega il ricercatore.
Giulio Cavalli, attore e scrittore, racconta i social come un enorme bar, in cui purtroppo le parole rimangono. «Richiederebbe una responsabile delle parole che molto spesso sui social le persone non hanno». Lo scrittore continua portando alla luce la poca cura nella scelta delle parole, quando si parla della morte di un migrante. «Non abbiamo mai una loro immagine, come se non avessero pensieri o sogni». Spiega però come i social possono essere un luogo in cui la riumanizzazione dei migranti può funzionare. Infatti, spesso sono gli spazi presenti per dire cose che non si avrebbe il coraggio di pronunciare ma personaggi con un grande pubblico, parlano di questi temi con parole che non utilizzerebbero nei loro programmi o sui loro articoli.
Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa di UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), evidenzia un dato importante. I media italiani si concentrano sulla crescita della popolazione straniera in Italia quando la realtà è totalmente diversa. Sami sottolinea che la crescita è in realtà una presenza stabile. Infatti, sono sempre più gli italiani che vanno via ed è questo che mette in luce la loro presenza.
Un altro elemento molto importante è il momento prescelto dai media. Il migrante viene citato nel momento dell’arrivo ma poi è come se scompaia. Talvolta solo, ricompare in notizie legate al tema del lavoro agricolo. Lucia Ghebreghiorges, giornalista e attivista, spiega come non si riesca a raccontare tutto ciò che è legato all’inclusione, al vivere e al lavorare qui. «Esistono gli sbarchi e poi improvvisamente non esiste più nient’altro» conclude.
“Notizie di transito”, racconta Milazzo, è stato scelto perché si tratta di un anno di passaggio. «E’ un anno in cui abbiamo osservato significative differenze dal passato. Questo porterà in un luogo diverso di narrazione nei prossimi anni o torniamo al passato?»
Conchita Sannino, giornalista de La Repubblica, ringrazia la pandemia perché è grazie ad essa che l’informazione sbagliata dell’immigrazione si è fermata. Rilancia spiegando però che ora tocca a noi decidere se fare un passo avanti o tornare alla narrazione di prima.
La presentazione si trova qui.