di Marta Gabucci
Il 14 luglio di quest’anno, l’azienda automobilistica Lamborghini promuove il lancio della nuova campagna pubblicitaria “With Italy, from Italy”: utilizzando le loro parole, si tratta di «una dichiarazione d’amore che Lamborghini ha voluto dedicare all’Italia, scegliendo come linguaggio quello dell’arte fotografica». Sono stati chiamati venti tra i maggiori talenti della fotografia italiana per racchiudere in diversi scatti, le bellezze del nostro Paese. In conclusione a questo, un cameo di Letizia Battaglia, rinomata fotoreporter palermitana.
Battaglia è conosciuta per le sue documentazioni fotografiche sin dagli anni di piombo a Palermo, passando per scatti sui delitti di mafia, con l’intendo di “scuotere le coscienze”. Viene spesso citata come “la fotografa della mafia” ma non solo questo: è ciò che oggi definiremmo come “storyteller” della città di Palermo, portando alla scoperta gioie e dolori, miserie e splendore, morte e vita: è solita prediligere soggetti femminili per raccontare le sue storie di vita quotidiana e, anche per questa campagna per l’azienda Lamborghini, decide di mostrare le nuove automobili inserite all’interno delle bellezze palermitane con un focus sulle piccole abitanti di questa città.

E quando il 18 novembre Lamborghini provvede alla pubblicazione, i social esplodono contro la fotoreporter, commentando come questa campagna vada in qualche modo ad enfatizzare nuovamente il binomio donne e motori, con l’aggravante però di soggetti minorenni.
L’intento di Letizia Battaglia di mostrare bambine come una visione di sogno e di speranza, come spiega sempre lei per prima, è stato completamente trasportato e dimenticato sotto accuse pesanti, parole negative e spesso aggressive: chi la definisce impazzita, chi la accusa di lolitismo, di aver sessualizzato le bambine.
Sono giunti commenti anche dall’Art Director Club Italiano (Adci) che, attraversp Vicky Gitto, presidente dell’Adci, accusa la fotografa dicendo: «Più che valorizzare scorci di Palermo, se ne appropria con arroganza con un misero leitmotiv pubblicitario: donne, motori e soldi. L’unica cosa che qui le donne sono bambine».
“Io non sono una fotografa pubblicitaria – si difende Letizia Battaglia – Lamborghini mi ha proposto di fare questa cosa su Palermo e ho accettato prendendo delle splendide bambine di 7 e 11 anni. Io fotografo da sempre bambine, per me Palermo è una bambina. Nelle mie foto la Lamborghini è sfocata. Le auto sono sempre dietro al soggetto principale. Le bambine danno le spalle ai bolidi. Forse dovevo essere criticata dalla casa automobilistica che invece ha accettato con comprensione”.
Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, a causa delle forte critiche ha richiesto l’eliminazione delle immagini dalla città e Lamborghini ha esaudito la sua richiesta, cancellandole dalla campagna.
Orlando però invia una lettera alla fotografa manifestando sofferenza per la richiesta sospensione e spiegandole anche quanto fosse importante un suo intervento immediato.
Alle dure parole rivolte contro la fotografa, seguono anche parole di conforto e di aiuto, di appoggio da parte di altri.
La giornalista Daria Bignardi parla di Battaglia come una persona «così autentica, così fragile e fresca nei suoi ottantasei anni, che ci sta male davvero. E vai a spiegare quanto è inutile starci male a una persona che non sa cosa sia il cinismo, e che riesce ad avere quello sguardo umano e profondo perché è un’artista, quindi una rabdomante, un parafulmine: qualcuno che mandiamo avanti per orientarci, perché sente più degli altri, le cose brutte e quelle belle» nel suo articolo “Già le mani da Letizia Battaglia” per Vanity Fair.
Ray Banhoff per Rolling Stone evidenzia come «lo shitstorm contro Letizia Battaglia è sia assurdo che ormai perfettamente prevedibile. Non a caso nasce sui social, dove si vive solo il tempo presente, dove non c’è quasi mai spazio per approfondire, per andare oltre, bisogna solo cliccare e sparlare. Il brutto è che ormai i social dettano il tempo anche nella realtà e ne fanno parte, creando un infinito presente compulsivo e un delirio di voci che si sovrappongono».