di Marta Gabucci
Il 20 novembre, ogni anno, si festeggia la Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza e, in onore, Save The Children ha diffuso l’undicesimo Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo “Con gli occhi delle bambine”.
La pubblicazione è a cura di Vichi De Marchi, con la collaborazione di Diletta Pistono ed Elena Scanu Ballona, corredata da mappe e infografiche ed arricchita dal contributo di sette importanti scrittrici ovvero Viola Ardone, Ritanna Armeni, Susanna Mattiangeli, Rosella Pastorino, Carola Susani, Igiaba Scego, Nadia Terranova, da quello del poeta e scrittore Bruno Tognolini e da un inserto sull’editoria per ragazzi al femminile curato da Andersen.
Lo scopo è quello di approfondire la condizione infantile all’interno del nostro Paese, andando ad analizzare la povertà minorile e le disuguaglianze educative, da nord a sud, volgendo uno sguardo anche alla situazione post pandemia.
Lo studio riporta come circa 1 milione e 140 mila ragazze tra i 15 e i 29 anni rischiano, entro la fine di quest’anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione. È una situazione ancora più grave, se si va a notare come già oggi 1 ragazza su 4 è intrappolata in questo limbo. La ricerca fa notare come questa situazione sia effettiva in regioni come la Sicilia e la Calabria ma che ricopra territori considerati più virtuosi come il Trentino Alto Adige.
Il periodo storico che stiamo vivendo ha aumentato anche la povertà educativa che porterà così ad un aumento del numero di giovani che verranno tagliati fuori dai percorsi di studio. È stato anche analizzato che uno studente su quattro, nelle scuole superiori, non raggiunge le competenze minime richieste in matematica e italiano, numero che va ad incrementare la categoria dei NEET, ovverosia coloro che non studiano, non lavorano e non investono in formazione professionale.
Daniela Fatarella, direttrice generale di Save The Children, denuncia infatti che già prima della pandemia vivevamo in un Paese fermo, un Paese che aveva già dimostrato di dare poca priorità all’infanzia e che ora, in una sfida sanitaria e socioeconomica come questa, stenta a cambiare strada, utilizzando il tema all’interno delle proprie politiche di rilancio.
Come spiega Raffaella Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save The Children, «nonostante l’impegno di docenti ed educatori, il funzionamento a singhiozzo delle scuole e la didattica solo a distanza stanno producendo in molti bambini non solo perdita di apprendimento, ma anche perdita di motivazione nel proseguire lo studio».
Lo studio mostra come, per quanto siano le ragazze quelle più improntate allo studio e al conseguimento di titoli, il tasso di mancata occupazione rimanga comunque maggiore per il sesso femminile. Questo accade a causa di un gap con i coetanei maschi che si presenta sin dalla tenera età: un divario di genere, come ben spiegato nella pubblicazione, alimentato da diseguaglianze sistematiche e ampiamente diffuse nel nostro Paese, che purtroppo non accenna a ridursi.
Guarda il video di presentazione del report.
Si stabilisce perciò che è importante invertire la rotta in tempi brevi per evitare di uscire dalla pandemia e scoprire di avere un mondo lavorativo interamente al maschile, che porterebbe ad uno scoraggiamento nei confronti di tutte quelle ragazze che oggi si stanno impegnando in un percorso che già di per sé è ricco di ostacoli. Gli effetti della pandemia, già di loro molto problematici, rischiano di aggravare ancora più il futuro di bambine e ragazze.
«I dati dell’Atlante mettono in evidenza la nascita dell’ “illusione della parità” delle bambine e delle ragazze, che a scuola godono di una condizione di parità con i coetanei, anzi sono più brillanti nella lettura così come nelle performance scolastiche. Ma le aspettative si infrangono al primo confronto con il mondo del lavoro» spiega ancora Raffaella Milano.
È perciò importante ripartire dalle donne – e dalle bambine – e non solo a parole perché per ora il nostro non è un paese a “misura di bambino”, ma ancora meno “a misura di bambine”.
Per chi fosse interessato, la pubblicazione può essere scaricata qui.