di Gaia Corradino
In un’epoca dove il digitale è dentro le nostre vite sempre di più, sono state messe in discussioni le professioni e mescolate le competenze acquisite. Tra i mestieri, che hanno attraversato un’evoluzione piuttosto netta e radicale, figura quello del giornalista. Il giornalismo non ha di per sé radici storiche troppo antiche ma, anche in una società molto dinamica come quella che stiamo vivendo attualmente, non rinnega le sue origini. Anzi, sono ancora presenti diverse redazioni in cui la realtà è ancora vecchio stampo: il classico giornalista che sta alla scrivania a scegliere i pezzi da scrivere e sistemare per poi inviarli in stampa.
Di pari passo con il corso degli eventi, la professione giornalistica si è comunque ampliata ed evoluta. Dopo una lunga e dura lotta tra carta e web, le due fazioni si sono dovute accettare a vicenda, si sono perfino combinate tra loro ed oggi si completano condividendone l’una con l’altra gli aspetti vantaggiosi per un mestiere nuovo, inedito e più completo.
Ciò vuol dire acquisire nuove competenze professionali, accrescere le proprie conoscenze ed aprirsi a nuovi orizzonti che, fino a qualche decennio addietro, era improbabile solo immaginarlo. È così che si ottiene un nuovo tipo di giornalismo, un giornalismo alternativo.
Con il web si è aperto un mondo infinito, che ha rilanciato nuove idee e rivoluzionato in modo profondo anche l’aspetto sociologico e nei rapporti umani. Alcune caratteristiche che tutt’oggi nel web sono largamente diffuse hanno, però, una genesi ben più remota. Ricordiamo molto bene – e con un pizzico di nostalgia – quando, da piccoli, i nostri genitori o i nostri nonni ci raccontavano le storie prima di addormentarci e come ne rimanevamo sempre affascinati. Ecco, questa è la definizione molto basilare per designare l’attuale concetto di storytelling.
Storytelling può essere comunemente – e banalmente – tradotto dall’inglese come “raccontare storie”. In realtà, la parola denota accezioni ben più profonde. Lo storytelling è una vera e propria arte di raccontare storie, poiché racchiude a sé due aspetti fondamentali: una struttura di fabula e una finalità comunicativa.
Quest’arte di raccontare ha una struttura narrativa ben definita, ossia un contenuto costituito da un intreccio di eventi che viene rappresentato allo scopo di essere condiviso con qualcuno – di solito un pubblico –, applicando una strategia comunicativa che sia efficace in modo tale che la storia possa diventare condivisibile. La storia deve quindi essere ben ideata e raccontata, cosicché il pubblico se ne possa appropriare e possa condividerne valori e principi per i quali è stata strutturata.
Lo storytelling è dunque una tecnica e un valore aggiunto di raccontare storie con finalità comunicative e la sua efficacia si realizza proprio attraverso le storie, ma più nello specifico attraverso un elemento essenziale: l’emozione. Ci sono studi ed esperimenti scientifici concreti a riguardo, che hanno dimostrato come una storia coinvolgente possa creare connessioni con il proprio vissuto in un processo di “rispecchiamento” e, di conseguenza, come la componente emotiva possa portare ad azioni mirate in seguito all’assimilazione di tale storia.
Il concetto di storytelling è divenuto via via uno strumento di approccio sempre più utilizzato in svariati campi di azione e per molteplici intenti: come comunicazione aziendale (interna ed esterna di un’organizzazione), promozionale (nell’ambito dell’intrattenimento, ma anche artistico-culturale), politica (propaganda e campagne elettorali), sociale (campagne di sensibilizzazione e di beneficienza), educativa (apprendimento didattico), giudiziaria. Gli ambiti sono innumerevoli e non ce n’è uno ove non si faccia uso di storytelling.
Una caratteristica del mondo digitale con radici ben più recenti è, invece, la transmedialità. Si può dire che il concetto di transmedia sia nato all’incirca nei primi anni 2000 – di cui è stato precursore il noto Henry Jenkins – quando, con il nuovo millennio e le nuove tecnologie, la società si stava mutando in una più globalizzata.
Transmedia può essere tradotto come “attraverso diversi media”, ossia una storia può essere diffusa attraverso mezzi di comunicazione diversi. È quindi strettamente legata al concetto di storytelling poiché il transmedia è giustappunto uno dei quattro modi di fare storytelling. Una storia di partenza, ad esempio, può essere raccontata su diversi media (siano essi digitali o su carta) e in ognuno di essi tale storia base (tecnicamente chiamata storyworld o “universo base”) viene ampliata, confluendosi in nuove narrazioni (chiamate “universi paralleli”).
Nella mia tesi di laurea magistrale in Editoria e Giornalismo, discussa a inizio novembre 2020, parlo proprio di tutto questo. Ho presentato un esempio inedito e concreto sul fare giornalismo in maniera alternativa; si tratta di un progetto di storytelling transmediale applicato al caso di cronaca nera e giudiziaria de Il Biondino della Spider Rossa. Un lavoro che coniuga, quindi, il giornalismo investigativo e il mondo digitale.
Per chi non conoscesse la vicenda, si tratta della storia avvenuta a Genova nel maggio 1971, più precisamente dell’omicidio della tredicenne Milena Sutter per mano – presumibilmente – dell’allora venticinquenne Lorenzo Bozano, ovvero il famigerato “biondino della Spider Rossa” (condannato in via definitiva all’ergastolo, sta tutt’oggi scontando la sua pena).
Il progetto in questione, dunque, parte da questa vicenda di cronaca giudiziaria (in particolare dal libro universitario che ne parla “Il Biondino della Spider Rossa. Crimine, giustizia e media”) che è considerata la storia base e verrà disseminata e ampliata su diversi media, creando a loro volta ulteriori storie. Tra i media qui presi in considerazione figurano: libri saggio e d’inchiesta, romanzo, webserie, podcast, blog nelle lingue italiano e inglese, ma non ci fermiamo qui.
Come team vogliamo non solo far conoscere un caso che ha un trascorso emblematico sia a livello giudiziario e, soprattutto, a livello mediatico, bensì per il suo potenziale riflessivo; ovvero uno degli obiettivi di questo lavoro è riuscire a portare il pubblico al quale ci rivolgiamo a riflettere e a porsi degli interrogativi sulla vicenda, dandogli la possibilità di approfondirla in tutti i suoi aspetti e attraverso vari media che vengono loro proposti. L’obiettivo principe è, dunque, guidare il pubblico interessato verso la ricerca della verità, per quanto sia possibile, e ad aprirsi a nuove prospettive.
Questo progetto è frutto di un lavoro in team, cominciato da più di un anno e non concluso, anzi direi ancora agli albori. La strada è ancora in salita ma non mancano l’impegno e la professionalità, che sono costanti nel tempo; la fame di scoperta e di conoscenza sono sintomi che ci spingono ad andare avanti e fino in fondo.