di Marta Gabucci
Ogni novembre da 40 anni a questa parte, nella città di Verona, si festeggia l’anniversario del Festival del cinema africano. Quest’anno la situazione sanitaria che stiamo vivendo non permette di celebrare questo quarantesimo anniversario nella totale tranquillità e quindi è stato preferito festeggiare il 39° anno e mezzo di festival in maniera telematica: un evento organizzato sui loro canali social, presentato da Malice Omondi, con la partecipazione dei due direttori artistici del Festival, Giusy Buemi e Stefano Gaiga.
Durante questi dieci appuntamenti, verranno trasmessi dieci cortometraggi, tra i più belli e i più premiati degli ultimi anni. Al primo appuntamento venerdì 6 novembre, è stato trasmesso KanyeKanye, un cortometraggio del 2014 del regista Miklas Manneke.
KanyeKanye, che significa “assieme”, racconta la storia e le rivalità di un piccolo paese, nella periferia di Johannesburg, utilizzando un tono ironico e, volutamente, fiabesco.
KanyeKanye è un paese che nel lontano 1962, a causa di una discussione tra due migliori amici, Mpoh e Mpoh, su quale fosse la mela migliore -la rossa o la verde- portarono gli abitanti a dividersi e ad essere rivali: questo decretò la realizzazione di una linea bianca di separazione tra le due frazioni. Entrambe le parti vivono seguendo regole ferree sul mischiarsi con gli altri. La storia rivela la vita dei suoi abitanti che, pur credendosi così diversi, vivono le stesse vite, gli stessi limiti, solo con colori differenti.
Il racconto passa ai due protagonisti principali, Thomas e Thandi, due giovani che si scoprono in una giornata e si sfidano, pur essendo Thomas un verde e Thandi una rossa. Attraverso la realizzazione di un “telefono” con due barattoli e un fil di ferro, i due inizieranno a conoscersi e ad innamorarsi. La storia prosegue vedendo come l’aggiunta di altri “fili e barattoli” collegherà la comunicazione dei due ad altri personaggi esterni, formando così ulteriori contatti tra le due frazioni. Quando la madre di Thomas scoverà il barattolo del figlio e deciderà di tagliarlo, le comunicazioni tra tutti si interromperanno e il distacco dei due popoli si ergerà nuovamente, imponente. Alla vista della tristezza del figlio, la madre deciderà di ammettere la sua mossa che decreterà la ripresa della comunicazione per la proposta finale: ritrovarsi tutti al confine.
Il cortometraggio termina nel momento in cui tutti, insieme, fanno un passo verso l’altro, verso il diverso.
Questo corto, così leggero e ironico, rivela una connessione più profonda con la popolazione sudafricana, che ha dovuto vivere e superare l’apartheid. Manneke, con freschezza e giovialità, ha deciso di raccontare, sotto forma di favola, la ferita più importante di questo popolo, che ha creato discrepanze per anni. Lascia, nelle mani dei giovani, il compito di risanare le fratture con l’amore. La presenza dei personaggi adulti è, però, importante poiché rappresenta i garanti dello status quo, di questo sistema fatto di regole ferree, come spiega Gaiga al termine della visione.
Miklas Manneke racconta come, durante la promozione del corto, ha avuto modo di conversare e confrontarsi con tante persone di tutto il mondo, che lo ha poi portato a scoprire come l’apartheid, seppur in forme diverse, sia presente in tutto il mondo. In modo differente, ognuno di noi ha creato piccole discrepanze che hanno portato alla creazione di blocchi, limiti, regole. Come dice Manneke, «le ferite hanno bisogno di essere risanate e ognuno di noi ha queste ferite: ogni enorme problema inizia con piccole discrepanze». La conclusione del corto, il passo verso la linea centrale, è la conferma che l’importante è la volontà di fare quel passo verso il centro, verso l’altro perché «siamo tutti diversi eppure questo ci rende tutti uguali» spiega Miklas Manneke.
La rappresentazione di questo cortometraggio ha dato l’avvio a questo Festival di mezzo, che ci accompagnerà ogni sera fino a domenica 15 novembre, dove si scoprirà il finalista vincitore di quest’anno, proclamato dalla Giuria ufficiale, dalla Giuria dei giornalisti e giornaliste della rivista Nigrizia e dalla Giuria detenuti della Casa Circondariale di Montorio. Oltre all’appuntamento serale, quattro appuntamenti speciali in una striscia online alle 18.30.
L’intero programma può essere consultato a questo link.