di Maurizio Corte
Lorenzo Bozano, 73 anni, condannato all’ergastolo per il rapimento e l’omicidio di Milena Sutter (Genova, 6 maggio 1971), ha ottenuto la semilibertà.
Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, dopo l’udienza del 12 febbraio 2019, ha deciso che Bozano può accedere alla misura alternativa al carcere. L’ex “biondino della spider rossa” (che biondino non era) potrà uscire dal carcere durante il giorno per lavorare e per svolgere attività di volontariato.
Sul caso di Milena Sutter, 13 anni, e Lorenzo Bozano vi è un sito web. Il sito analizza in profondità il fatto di cronaca nera che nel 1971 ha sconvolto l’Italia e mezza Europa: “Il Biondino della Spider Rossa. Cold Case: crimine, giustizia e media”.
Come ProsMedia abbiamo svolto la ricerca su come i giornali trattarono, nel 1971 e negli anni seguenti, la vicenda di Milena Sutter – figlia di un ricco industriale della cera – e le accuse e il processo contro Lorenzo Bozano. Qui merita di approfondire il lavoro tecnico del giornalista nell’affrontare un caso complesso come il primo importante rapimento di una minorenne nell’Italia degli Anni Settanta. Vi era stato solo il caso di Ermanno Lavorini, a Viareggio, tempo prima, ma in un contesto molto diverso.
La Questura di Genova riceve la denuncia di scomparsa di Milena Sutter nella serata di giovedì 6 maggio 1971. La mattina dopo, in un orario fissato in modo arbitrario alle 9.40, giunge a Casa Sutter una telefonata anonima. Una voce maschile dichiara: “Se volete Milena viva, 50 milioni prima aiuola Corso Italia”. Da quel momento, gli investigatori accreditano la tesi del sequestro per motivi di denaro. I giornalisti registrano quella notizia e la diffondono. Nessuno mette in dubbio le parole delle fonti ufficiali: quelle degli inquirenti.
Appresa la notizia, i cronisti del “Corriere Mercantile” vanno in via Orsini, a Genova, vicino alla casa di Milena Sutter e intervistano le vicine di casa della famiglia Sutter. Una donna parla di un giovane “biondino” che è solito sostare nei pressi della casa della vittima e della sua auto sportiva rossa, vecchia e malandata.
Nasce allora il “personaggio” del “Biondino della Spider Rossa”. Un biondino identificato poi in un giovane di 24 anni, Lorenzo Bozano, che non era biondo ma castano scuro e che non era magro. Abbiamo in entrami i casi – la tesi del rapimento fornita dagli inquirenti e il “biondino della spider rossa” – una fede cieca dei giornalisti nei confronti delle fonti. Nessuno mette in discussione, nell’immediatezza del fatto, la notizia che Milena Sutter è stata sequestrata per estorcere denaro alla ricca famiglia.
Nessuno metterà mai in discussione, neppure a 48 anni di distanza dal caso, l’immagine di Lorenzo Bozano “biondino della spider rossa”. La spider c’era, a dire il vero, ma il giovane non è mai stato biondino. La tesi del sequestro di Milena Sutter comincia a vacillare una settimana dalla sparizione. Il fatto che il “rapitore” non telefoni più, dopo quella prima volta; la sparizione in una zona molto frequentata di Genova; i dubbi dello stesso capo della Squadra Mobile, Angelo Costa, che svolge le indagini, portano i giornalisti a dubitare che si tratti di un rapimento per denaro.
Il ritrovamento del corpo della ragazzina, il 20 maggio 1971, annulla però ogni dubbio. Viene anzi data subito la versione su cause e ora della morte della giovane: Milena Sutter è stata uccisa lo stesso giorno della scomparsa e il suo corpo è stato subito gettato in mare. Una versione medico-legale che, oggi sappiamo, non ha fondamento scientifico.
Cosa deve fare un giornalista in situazioni come queste? Come poter fare cronaca e scrivere senza cadere nelle logiche (e nei possibili errori) delle fonti ufficiali? Nell’analisi di questo caso occorrono tre doti: attenzione massima ai dettagli, studio e professionalità, etica e indipendenza di giudizio. Nello studiare la vicenda io stesso ho applicato il “metodo Besozzi”, come l’ho voluto chiamare in onore del più grande cronista italiano di “nera” di tutti i tempi, Tommaso Besozzi (1903-1964).
Qui voglio trattare una delle tre doti, di cui Besozzi era portatore: l’attenzione massima ai dettagli, la cura quasi maniacale della logica argomentativa, la conseguente verifica della rispondenza tra quanto accaduto sul piano fattuale e quanto riferito come informazione dalle fonti. Questa dote della “attenzione al dettaglio” è un metodo di lavoro fondamentale. Consente di scomporre gli eventi (semplici o complessi che siano) in piccole parti, per meglio verificarne la corrispondenza ai dati di fatto. Io ho diviso la vicenda di Milena Sutter in quattro “scene del crimine”: scomparsa, decesso, telefonata del rapitore, ritrovamento del corpo. Ogni scena l’ho rivista al rallentatore, minuto per minuto. Questo metodo mi ha consentito di rilevare incongruenze, errori di visione, contraddizioni logiche. Errori, si badi bene, spesso in buona fede. Errori che però non possono sfuggire a chi, con fredda attenzione e imparzialità di visione, osservi attentamente la vicenda di Milena Sutter e di Lorenzo Bozano, il ”biondino della spider rossa” che biondo non era.