di Manuela Mazzariol

viste dalla cima della Table Mountain
Chi parla di invasione riferendosi alle migrazioni che dal continente africano raggiungono l’Italia e l’Europa non usa nessun criterio razionale per definire il fenomeno: circa l’80% delle migrazioni africane,secondo i dati dell’agenzia per le migrazioni delle Nazioni Unite, avvengono infatti all’interno del continente, dalle zone rurali alle aree metropolitane,da Paesi in guerra o in situazione di povertà assoluta, con forti sconvolgimenti sociali o politici, da Stati con grossi problemi climatici. Le persone si spostano verso i luoghi sicuri più vicini, appena attraversato il confine,oppure verso le aree più ricche del continente, come il Sudafrica.
È proprio per comprendere meglio il fenomeno delle migrazioni verso il Sud del mondo che ho trascorso due mesi a Cape Town, in Sudafrica, lavorando come volontaria in una casa per minori stranieri non accompagnati o separati dai genitori, e a stretto contatto con lo Scalabrini Centre of Cape Town, da cui la struttura per minori dipende. Il centro si occupa di rifugiati e richiedenti asilo a 360 gradi, attraverso progetti di accoglienza, insegnamento della lingua inglese per stranieri francofoni o arabi, orientamento al mondo del lavoro, consulenze legali per l’ottenimento dei documenti, una piattaforma per educare le donne migranti ai propri diritti e un centro studi sulle migrazioni connesso con università e istituti di ricerca di tutto il mondo.
A chi mi chiede come sia il Sudafrica, rispondo che si tratta di un Paese davvero bizzarro, e non avrei molti altri aggettivi con cui definirlo. È un Paese dalle tante contraddizioni, un Paese dalle bellezze naturali mozzafiato,luoghi magici e paesaggi da sogno; il tutto accompagnato da un tasso di criminalità talmente alto da non permettere a chi vuole conoscere tali bellezze di girare serenamente ed esplorare questi mondi meravigliosi. È il Paese dalle spiagge bianchissime, della catena montuosa dei Dodici Apostoli che, vista dalla costa,pare gettarsi a picco nell’oceano, dei grandi parchi naturali e dei quartieri vip con le ville con piscina appartenenti agli attori di Hollywood; ma basta allontanarsi solo poche decine di chilometri per trovarsi di fronte a immense distese di baracche di lamiera, dove non esistono nemmeno i servizi igienici, e osservare la distesa delle township che si estende a perdita d’occhio. Povertà estrema, ricchezza eccessiva e sfarzosa, libertà e uguaglianza, conquistate con il sangue solo nel 1994 con l’abolizione dell’apartheid, e ancora così lontane dall’essere raggiunte davvero.
Si tratta di uno dei Paesi con il governo più stabile del continente africano, tuttavia la corruzione logora tutto, a tutti i livelli. La costituzione democratica nata nel 1994 con l’ascesa al potere di Nelson Mandelatutela le minoranze, le diversità, garantisce la libertà di espressione e di stampa. Lo Stato ha una delle politiche più aperte e progressiste in materia di rifugiati: non esistono centri di accoglienza né di detenzione preventiva per l’identificazione di chi entra nel Paese. Chi fa domanda come rifugiato in Sudafrica può immediatamente cercarsi un lavoro e costruirsi un futuro inattesa dei documenti definitivi che attesteranno il suo status. (La legge sull’immigrazione sta per cambiare anche lì, ma di questo parlerò più approfonditamente in uno dei prossimi post). Tuttavia i percorsi per la richiesta dei documenti sono complessi, irti di burocrazia, farraginosi e costosi, oltre che disseminati di funzionari corrotti e di ingranaggi da oliare nel modo più appropriato.
I bambini, tutti i bambini, sono tutelati dal Children’s Actdel 1983, eppure assistiamo ad alcune delle violazioni dei diritti umani più vergognose al mondo, che si lasciano alle spalle centinaia di migliaia di minori senza documenti, fantasmi a cui viene strappato ogni futuro.
Cape Town è anche uno dei porti commerciali più importanti del Sudafrica e di tutta l’Africa, fonte di ricchezza, di scambi economici eculturali. L’altra faccia della medaglia, quella più invisibile, è quella degli schiavi del porto, marinai a cui vengono sequestrati i documenti, sfruttati,retribuiti con salari più bassi del minimo legale, o non retribuiti affatto.Picchiati, abusati fisicamente e psicologicamente, alle volte rimangono bloccati per mesi e mesi in città, senza poter abbandonare navi che non ripartiranno e senza poter tornare a casa dalle proprie famiglie.
Questo e tanto altro è il Sudafrica che ho visto e sentito sulla mia pelle, il Paese che mi è rimasto nel cuore nonostante tutto, il Paese che nelle prossime settimane proverò a raccontare più nel dettaglio, per chi avrà voglia di scoprirlo con me.