Il 24 febbraio 2016 Uisp nazionale e la Vice presidente del Senato,Valeria Fedeli hanno organizzato nella sede del Senato della capitale il convegno “O capitana, mia capitana“, dedicato al tema della parità di genere nello Sport, per rilanciare il dibattito di genere in uno dei settori lavorativi strategici dei prossimi anni . Per l’occasione Uisp ha presentato un video che racconta per immagini e con i numeri cinquantenni di presenza femminile nello Sport italiano, settore ancora oggi considerato prettamente ‘maschile’ e segnato da persistenti stereotipi sessisti ( soprattutto nel Calcio).
Vediamo un breve excursus temporale del confronto tra praticanti donne e praticanti uomini in Italia dal 1959 ad oggi:
- 1959: solo lo 0.5% delle ragazze praticava continuativamente un’attività sportiva a fronte del 4.9% del campione maschile relativamente ai giovani di 6 anni compiuti;
- 1985: lo scenario è mutato ma persiste una disparità numerica ancora significativa. Le praticanti rappresentano il 14.4% a fronte del 30.4% tra le fila maschili. In quell’anno Uisp lancia la Carta dei Diritti delle Donne nello Sport;
- 2001: inizia a diminuire il gap. Le donne rappresentano il 15.2% a fronte del 23.4% dei maschi ;
- 2010: le donne raggiungono il 18% contro il 28% degli uomini
- 2014: il 24% della popolazione femminile italiana pratica Sport
Resta quindi un gap tra maschi e femmine pari al 12% da colmare nella pratica sportiva sul territorio nazionale . A rimarcare le disparità va aggiunto il fatto che nessuna donna è Presidente di Federazione Sportiva o ente o struttura di disciplina, quindi le atlete italiane sono penalizzate per quanto riguarda la carriera, e sono retribuite meno dei propri colleghi maschi anche se sono professioniste dell’agonismo.
Una disparità che non tiene conto dei successi di medaglie olimpiche, europee e nazionali di varie discipline, sempre più spesso appannaggio delle donne (dal pattinaggio artistico alla ritmica, passando per il volley o ancora i l nuoto o il tennis). Le atlete sono anche meno raccontate dai media, e la minore visibilità si traduce in minori occasioni economiche (sponsorizzazioni in primis), di networking, di tutele sanitarie, assicurative, previdenziali e salariali e inevitabilmente di leadership sia durante la pratica sportiva che nella carriera tecnica o giornalistica successivamente .
Eppure la Carta europea dei Diritti dello Sport (redatta nel 1985) prevede ‘l’adozione di norme specifiche negli statuti delle Federazioni sportive e delle associazioni che favoriscano l’equa rappresentanza di uomini e donne in tutte le posizioni di leadership’. Tra le misure raccomandate per favorire le Pari Opportunità vi sono lo sviluppo di reti di supporto di (potenziali) donne dirigenti al fine di migliorare l’equilibrio di genere all’interno degli stessi gruppi dirigenti, e la presa di coscienza dell’ineguaglianza di genere. Rendere vincolante il documento nel mondo istituzionale, politico e sportivo porterebbe a una maggiore presenza delle donne nel settore e favorirebbe un’effettiva e sostanziale parità tra i sessi secondo Manuela Claysset, Presidente del Consiglio nazionale Uisp.
Dello stesso avviso Valeria Fedeli, promotrice di un disegno di legge volto a promuovere l’equilibrio di genere nei rapporti tra società e sportivi professionisti, in linea con il Diritto europeo ed internazionale. Si impone un ripensamento anche degli impianti sportivi, che tengano conto delle esigenze delle donne provenienti da culture diverse e uno sforzo relativamente al rinnovamento del linguaggio sportivo riferito alle donne nei media, ancora fortemente sessista.
La testimonianza di Carolina Morace, ex capitana della nazionale azzurra rosa di Calcio, attualmente in Australia, e firmataria della Carta Europea dei Diritti delle Donne nello Sport, ricorda che vi sono paesi come la Norvegia in cui il ruolo delle donne è valorizzato maggiormente rispetto all’Italia, e che strumenti normativi come la Carta hanno permesso di enfatizzare lo Sport al femminile, rendere più sicure le dotazioni sportive e portare al parziale scardinamento di alcuni stereotipi sessisti. Ma resta ancora un disconoscimento dell’importanza che lo Sport femminile rappresenta sul fronte sociale ed economico di un Paese che occorre colmare. La maternità, la carriera delle donne dopo la pratica sportiva o ancora la questione salariale rappresentano ancora le sfide da vincere per ottenere realmente Pari Opportunità nello Sport. Per far sì che la forza lavoro femminile sia una risorsa in campo per rilanciare l’empowerment femminile a livello nazionale.