“Romania: proposta esponente centro: sterilizziamo donne Rom”. “Rom: Sant’Egidio, dolore per morte Ceija Stojka”. “Rom: Riccardi, addio a Celija Stojka, testimone genocidio”. “Rom; operazione polizia Milano, ieri sassaiola contro agenti”. “Rom; sassaiola contro Ps in campo a Milano, 3 arresti”. “Giorno memoria: Venezia, bandiera Rom a Consiglio d’Europa”. “Francia; bimbi Rom mendicanti, genitori alla sbarra”. “Libri: il genocidio dimenticato dei Rom”. “Giorno memoria; evento al Maxxi di Roma dedicato ai Rom”. “Rom chiede soldi con foto bambina malata leucemia, fermata”. “Latina, sequestro di persona e violenza sessuale: arrestati due Rom”. “Uomo morto in campo Rom, torna libera nomade indagata”.
Sono questi i titoli dei dispacci dell’Agenzia Ansa, dal 21 gennaio al 5 febbraio. Possiamo rintracciarvi tre tematiche, in sostanza. Sono tematiche in comune con l’immigrazione, gli “stranieri”, gli “extracomunitari”.
Le tre tematiche sui Rom sono quelle dell’ordine pubblico; dell’illegalità e del loro essere vittime. La popolazione Rom viene quindi rappresentata come minaccia per la comunità, come fonte di disagio, come protagonista (a livello delle singole persone o come gruppo) di azioni delittuose, oppure come vittima delle persecuzioni del passato. Quest’ultima rappresentazione ci restituisce il gruppo Rom come collocato nel passato e per certi versi inconciliabile con il presente. Pare quasi che sia impossibile concepire una “cultura Rom” che esca dal frame del disagio, della devianza, della minaccia o della vittimizzazione.
Sul giornale L’Arena ho curato anni fa una pagina dedicata al “mondo Rom”. Mi sono attenuto ad alcune semplici regole che dovrebbero essere tenute presenti sempre, quando si tematizza o si rappresenta la diversità culturale e/o etnica, nel quadro di un Giornalismo Interculturale.
1. Il rispetto dell’Altro, che non va raccontato o rappresentato sulla base dei nostri pregiudizi ma sulla base di dati di fatto, intervistando esperti e studiosi.
2. L’uso di un linguaggio non stereotipato, non pregiudiziale e rispettoso della diversità, un linguaggio che ci sarà dato proprio da chi viene raccontato, perché non c’è soggetto più adatto a definirsi di quello che interpelliamo o su cui scriviamo.
3. Lo studio del soggetto che rappresentiamo, utilizzando fonti autorevoli e studiosi del settore, in modo da essere preparati culturalmente e professionalmente, e in modo da evitare visioni e rappresentazioni che i media possono veicolare senza alcun fondamento.
4. L’impostazione di una nuova agenda dei temi, che vada oltre la prevedibile scaletta che viene applicata ogni volta che ci si occupa di un determinato gruppo. La nuova agenda dei temi può anche ricomprendere visioni tradizionali, consolidate e persino sbagliate (il Rom minaccioso, il Rom ladro di bambini, il Rom malvivente, il Rom non integrabile nella società), purché si abbia l’accortezza di verificarne la validità e di smascherarne, là dove è possibile, l’infondatezza.